Intervista

Buongiorno Massimo, come sta?
Bene grazie e lei?
Tutto bene, sì, la ringrazio. Se lei è d’accordo comincerei subito aentrare nel vivo del discorso che faremo.
Sì, perfetto.
Lei dice di se stesso che è un artista sperimentale.
E’vero.
Cosa vuol dire esattamente?
Io ho iniziato a usare i materialipiù svariati e a sperimentare varie forme di tecniche, negli anni ottanta,quando ero ancora un ragazzo. In prima persona, però, perché ho un diploma di stilista di moda ma non homai frequentato una scuola d’arte perciò, tutto quello che ho fatto a livelloartistico, è opera mia. Venendo dal campo dell’abbigliamento all’inizio housato, per le mie opere, anche i tessuti.
Ma creava abiti, che poi dipingeva, o erano vere opere pittoriche?
Erano opere pittoriche, create concolori acrilici ai quali univo la plastica, il fuoco e il gesso. Negli ultimianni ho iniziato a sperimentare la materia organica. Materia viva come frutta, verdura,formaggio e tanti altri materiali che poi lascio macerare in modo che sisviluppino le muffe.
Come le è venuta questa idea?
Due anni fa ho fatto una mostra daltitolo “Metamorfosi dell’amore”, che era la continuazione di un mio libroautobiografico, “Incontrarsi”, dove racconto di un amore carmico, lasciato poi andare,e del dolore che questo ha provocato. Il modo più vero e più logico, al qualeho pensato per rappresentare questi due aspetti sulla tela, è stata proprio la metamorfosi della materia viva, nel suociclo di vita.
Qual è il risultato finale che ottiene nei suoi lavori con questimateriali?
A un certo punto decido di fermare ilprocesso di macerazione usando prodotti idonei e disinfettanti, lascioessiccare poi blocco il tutto con i fissatori.
Quindi sono lavori che hanno un termine, come tutte le emozioni dellavita che alla fine finiscono, o si tramutano. Perché, data la particolaritàdella materia di cui sono fatti alla fine, penso, si deterioreranno?Indipendentemente da lei, voglio dire.
No perché alcuni quadri, cherisalgono a due anni fa, sono rimasti esattamente come erano.
Quindi tutto lascia pensare che possano resistere a lungo.
Facendo mostre ho parlato spesso conStorici dell’Arte e Critici che hanno trovato la cosa molto interessante proprioperché, queste, sono opere che continuano a vivere nel tempo quindi, anche sela materia si deteriora, lo fa attraverso un suo naturale processo.
Davvero particolare, sì. Lei scrive anche, vero?
Sì. Ho scritto dei libri.
Questo suo modo di fare arte con la pittura, la scrittura, e altro misembra abbia sempre un denominatore comune. E’ così? Ognuno prende dall’altro ediventa un tutto unico?
Sì anche perché tutte le miecreazioni sono accompagnate da miei versi. Ognuna di loro è un insieme di tuttociò che faccio, deriva da uno stesso sentire e dalla mia emotività. Cerco didare vita a un pensiero compiuto su ciò che provo verso un determinatoargomento e lo faccio attraverso collezioni di sette opere. Il sette per me è unnumero molto importante.
Come li presenta?
Sul retro del quadro, accanto alladichiarazione di autenticità.
I lavori sono sempre astratti?
Sì. Non faccio il figurativo. Non loamo. Poi, sono astratti è vero ma interpretabili,e anche se io una mia interpretazione la do sempre, lascio libero l’osservatoredi averne una propria.
E’ giusto. Anche per l’artista stesso che avrà, in questo modo, unriscontro più vero di ciò che comunica.
Assolutamente. Senza contare che potrebbescaturirne una interpretazione del lavoro, della quale non si era consapevoli.
Sono molti quelli che si fermano per parlare con lei di ciò che fa?
Devo dire sì, ma sono anche io che mifermo a chiedere perché il confronto a me piace molto. Mi piace avere unriscontro. Un ritorno di ciò che ho trasmesso.
Può essere stimolante, in effetti. E come le dicevo le sue attività mifanno pensare, sempre più, a voci diverse ma rivolte allo stesso tema.
Sì, è vero. Ho fatto molti percorsinel mondo olistico dove la persona è considerata nella sua interezza e così,cerco di ricreare questa unità all’interno dell’arte.
Tutto questo è importante anche per una crescita personale?
Sì, certamente, io sono un CoachOlistico. Ho studiato con Roy Martina, ungrande insegnante molto presente in Italia un po’ di anni fa, che mi harilasciato una certificazione per l’abilitazioneall’insegnamento. Seguo le sue tecniche e le insegno nei miei corsi.
Tornando indietro nel tempo, a parte la pittura, come è arrivato a tuttoquesto?
Sono sempre stato abbastanza creativofin da piccolo, incuriosito dalle varie tendenze. Il mondo stesso della moda miha sempre attirato, anche per me stesso. Già da piccolo decidevo cosaindossare. Se trovavo un pezzo di stoffa creavo immediatamente un abito per lebambole di mia sorella. Avevo la necessità di creare. Anche a scuola, nell’oradi educazione artistica, usavo tutti i colori mischiandoli tra loro dando vitaa forme inusuali. La maestra continuava a dirmi di fare la casetta,l’animaletto ma io sentivo la necessità di mettere insieme le cose, di unirle,senza una definizione. Ero attirato dall’astratto. Poi nel tempo ho sviluppatociò che faccio ora.
Lei ha scelto gli studi di stilista di moda?
Sì.
Non le è mai venuto in mente di dipingere stoffe?
Sì, l’ho fatto. Ho disegnato tessutiper i più grandi stilisti al mondo perché lavoravo per una grande azienda diPrato, che realizzava tessuti per le grandi Case, tra queste Missoni. Ho fattodavvero molte cose.
E adesso cosa sta portando avanti?
Quella che è sempre stata la miapassione: l’arte. Ultimamente ho iniziato a collaborare con l’”Archivio StoricoCasa d’Arte” che ha storicizzato variemie opere. Mi dedico totalmente a questo. Anche perché tra un po’ sarà il tempodella pensione.
Nell’arte la pensione non arriva mai.
Già, è vero. Oltre a questo pratico,come le ho già detto, il coaching olistico.
Quali delle due le dà più soddisfazione?
Tutte e due perché sono sì, due cosediverse, ma aiutare le persone a migliorare se stesse o esporre un’opera èsempre un grande piacere, in tutti e due i casi.
Stiamo parlando del momento in cui il lavoro è finito, ma mentre lo facosa prova?
Il desiderio di mettere le mani inpasta, dico sempre io. In effetti mentre lavoro con tutta quella materia organicaè come se cucinassi un piatto prelibato. E mentre lavoro è come se meditassi.Lascio andare tutti i pensieri e mi dedico completamente a quello che stofacendo.
Lascia che le cose arrivino o le decide prima, come ad esempio per lascelta dei colori?
Lascio andare quello che arriva dadentro. Io mi sento molto collegato agli angeli, mi lascio molto guidare. Anche nellascrittura avviene questo.
In effetti, quando facciamo qualcosa di creativo, ci colleghiamo allamente universale. Noi captiamo le idee.
Certo, anche perché l’intelligenzauniversale esiste, bisogna solo sapersi connettere.
Solo la capacità di farlo è nostra.
Proprio così. Ho scritto un librosulle leggi universali spirituali.
Lo leggerò. So che sta preparando delle mostre.
Sì, sto lavorando a un progetto sulladualità che presenterò, dal 31 maggio al 7 giugno, a Firenze, alla Galleria Onart.
La dualità in senso generale, la dualità della vita?
Sì, quella che noi viviamogiornalmente come il giorno e la notte, il bene e il male o la vita e la morte elo faccio creando installazioni, sempre con materia organica ma dove il veroprotagonista, questa volta, sarà il pane come interpretazione della fragranzadella vita ma poi, lasciato macerare, come deterioramento di questa.
Di cosa parlano i suoi libri, Massimo?
Ho scritto una autobiografia, come ledicevo prima, dove parlo del mioincontro carmico e che, dopo aver fatto un percorso insieme, ho lasciatoandare. Ho sofferto molto e questo libro l’ho scritto proprio per esorcizzaretutto quel dolore. Credo, però, che nella vita bisogna imparare a lasciarandare. E’ stata una grande lezione per me. Durante il periodo del lockdown hoscritto un diario dove, ogni giorno, affrontavo un argomento per dare sostegno eaiuto a un periodo molto difficile come quello. Poi c’è stato il libro sulleleggi spirituali e ancora un romanzo dal titolo “Amicizia e amori” dove parlodell’amicizia di un ragazzo etero e di uno gay. Perché questi sono, sì, duemondi separati ma tra questi ci può anche essere una grande amicizia.
Penso proprio di sì. In fondo, forse, si è indossata una veste...troppomoralista al riguardo.
L’Universo è fatto di dualità, senzal’uno non esisterebbe l’altro ed è molto importante comprenderlo.
Io trovo, però, che spesso adottanoatteggiamenti un po’ esagerati che si potrebbero evitare perché hanno un peso all’internodel tema dell’accettazione. E’ anche vero, però, che tra i vari motivi cheportano a questo potrebbe esserci, dovuto proprio al fatto di un nonriconoscimento, il desiderio di farsi vedere di più.
Questo è certamente un argomentomolto ampio da analizzare perché, al suo interno, contiene tante sfaccettature.Come tante, d’altra parte, sono inognuno di noi e sarebbe bello poterle mostrare tutte, invece ci chiudiamo innoi stessi.
“Ne abbiamo migliaia, sono davvero così tante che non finiremo mai discoprirle!” Mi ha detto una personaproprio in relazione a questo. Ed è vero.
Un po’ come i colori. Quante sfumaturehanno? Noi siamo questo. Anche gli altri sono questo. Dobbiamo accettarlo.
Possibilmente senza combattere.
Combattere spesso è fare come DonChisciotte. Andare contro i mulini a vento. Ma serve a poco.
Massimo com’è la sua vita?
La mia vita? Innanzi tutto devo direche io mi ritengo, per certi aspetti, una persona fortunata, nel senso che hosempre fatto ciò che ho desiderato. Ci sono state tante cose che mi hannoaddolorato fin da piccolo, ho dovuto attraversare situazioni anche molto spiacevoli però, tutto quello che è accaduto èservito a farmi essere ciò che sono oggi e sono grato per questo, anche se èstato vissuto con tanto dolore. Tutto quello che ci accade ci appartiene, è uninsegnamento che dobbiamo apprendere.
Ma il dolore, in questo caso parliamo di lei ma riguarda tutti, potrebbeanche non esserci, o essercene di meno, se accettassimo ciò che la vita cipropone.
Infatti, e l’insegnamento più grandeè proprio l’accettazione. Ognuno di noi ha uno scopo nella vita.
E siamo qui per portarlo a termine.
Ma dobbiamo accettare anche il doloreperché senza questo non conosceremmo poila felicità. Mancherebbe il termine di confronto e qui torniamo alla dualità.
E’ un po’ colpa nostra. Ci facciamo male da soli.
Per certi versi sì, ma se è vero chenoi decidiamo il nostro percorso terreno prima di nascere, la gioia e anche ildolore, sia che vengano da fuori o nascano in noi, fanno parte della nostrascelta.
Può capitare però che, vivendo e non ricordando, noi ci incamminiamo suuna via diversa.
Certo, ma la vita cercherà di riportarcisulla via giusta e insisterà fino a che non avremo capito.
Ripresentandoci la stessa situazione più volte?
Assolutamente. Quante volte ci siamolamentati di qualcosa che si ripresenta costantemente sempre uguale? E’ perchéstiamo andando nella direzione sbagliata e l’Universo tenta di riportarci sulpercorso giusto. Sul nostro percorso.
C’è ancora qualcosa che lei si sente di dire, qualcosa che arriviall’anima delle persone, oltre a quello che ha già detto?
La cosa importante è che ascoltino sestesse. Spesso gli altri sono i nostri specchi. Quello che noi vediamo in loroè esattamente ciò che “noi” siamo. Tutti dovrebbero diventarne consapevoli.Quello che la persona di fronte riflette, in qualche modo ci appartiene. Spessopuntiamo il dito verso gli altri senza renderci conto che, se un dito è puntatoverso qualcuno, verso di noi ne stiamo puntando tre, di dita.
E’ vero, assolutamente vero.
Questo è l’insegnamento che cerco ditrasmettere a chi viene a fare i miei corsi. Io dico sempre che, se si spegne la razionalità si accende l’animae se questo avviene stiamo andando nella direzione giusta. Verso il nostroscopo.
Isolina Mariotti
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